La radio come laboratorio

Un pezzo fondamentale del puzzle Radio Frequenza sono gli studenti, che ogni anno si avvicendano animando la sala di registrazione.
I programmi
È proprio il corpo studentesco dell’Università degli Studi di Teramo a proporre, ideare e poi realizzare concretamente i programmi che scandiscono il palinsesto della radio.
"I ragazzi si sentono liberi di poter raccontare le proprie esperienze."
L’idea alla base del lavoro di coordinamento svolto da Monica Ferrante e Sergio Pipitone è che ognuno debba proporre il programma più in linea con la propria personalità, in modo da potersi esprimere al meglio.
La parola d’ordine è condivisione: le attività vengono svolte con il massimo della trasparenza e della collaborazione da parte di tutti i componenti del team.
Non si tratta soltanto della messa in onda ma soprattutto del lavoro che c’è dietro, di tutte le preoccupazioni che giorno dopo giorno si trasformano in passione per il lavoro che si sta svolgendo.

Il laboratorio e il mondo del lavoro
Questa attività laboratoriale è uno strumento valido che si integra con il percorso offerto dalle singole facoltà, è un’opportunità per iniziare a lavorare in squadra, per vincere le proprie paure e per relazionarsi con il fattore tempo.
Imparare a gestire un medium come la radio, che ha delle regole ben precise non aggirabili, consente ai ragazzi di acquisire competenze spendibili in futuro.
Il laboratorio non è infatti rivolto soltanto agli iscritti della facoltà di Scienze della Comunicazione, ma coinvolge tutto l’ateneo. Un esempio è l’insegnamento di Comunicazione scientifica che il dipartimento di Bioscienze ha svolto in collaborazione con Radio Frequenza.
L’obiettivo è quindi quello di formare a 360° i professionisti di domani: persone che siano in grado di comunicare, che abbiano autostima e consapevolezza riguardo le modalità più adatte per rapportarsi con il pubblico di riferimento, a prescindere dalla professione che svolgeranno.

Le problematiche negli anni
Le problematiche inerenti il rapporto fra i giovani e il microfono, nonostante il passare degli anni, ritornano ciclicamente. Sono principalmente inerenti l’imbarazzo e la non conoscenza del mezzo di comunicazione.
“Tutti sono portati per fare la radio, è semplicemente una questione di esercizio e di abitudine”
È per questo che nel gestire l’avvicendamento delle matricole che ogni anno subentrano ai laureati ci si affida molto al contributo dei ragazzi che hanno già gestito dei programmi. La metafora più adatta è quella di una staffetta: avviene un simbolico passaggio di testimone, come se tutti gli studenti corressero nella medesima squadra verso un obiettivo comune.
Inoltre il fatto che le generazioni cambino porta con sé un continuo aggiornamento dei linguaggi e dei mezzi comunicativi. La dinamicità è percepibile nell’ambiente stesso di Radio Frequenza, così come nel loro profilo Instagram, che seguendo le ultime tendenze si focalizza ormai più su contenuti video (reel) che non sulla pubblicazione dei post.

Dietro ogni programma costruito e sviluppato negli anni all'interno di Radio Frequenza si nasconde un volto. Per questo abbiamo deciso di intervistare alcune voci che hanno contribuito alle svariate programmazioni che nel corso degli anni sono approdate all'interno della radio dell'Università degli Studi di Teramo.
A cura di Antonio Gualtieri Paternò e Alessandro Colleluori

Intervista a Damiano Mazzoni
Che tipo di esigenze ti hanno spinto a provare un’esperienza in radio?
L’esperienza in radio è stata frutto di tanta voglia di mettermi in gioco e soprattutto di trovare una dimensione nel mondo dei media con cui interfacciarmi, dove avrei potuto essere stato me stesso. Perché con Radio Frequenza e anche in tutte le altre radio con cui ho collaborato ho cercato di metterci tutta la passione che ho per la comunicazione e per il calcio.
La radio è stata un qualcosa che ha fatto esprimere te stesso?
La radio è riuscita a far esprimere me stesso, perché io ci ho buttato dentro tutta la mia passione, i miei pensieri, i miei pomeriggi e tutti i miei momenti più divertenti. Non abbandonerò mai la Radio, rimane il mio habitat naturale. Anche perché adesso andrò a presentare anche il mio primo libro all’interno di qualche programma di Radio Frequenza, ci tengo tantissimo alla radio. Io adesso ho pubblicato questo libro che si chiama “Storia e Storie del calcio dilettantistico abruzzese”. Ho narrato il calcio dilettantistico abruzzese durante i programmi di Radio Frequenza. Quindi, io queste storie le ho narrate anche grazie alla radio dell’Università degli studi di Teramo per tanti anni. Adesso non posso più farlo in radio a Radio Frequenza per motivi di studio e lavoro, ma ci tengo a presentare e a diffondere il libro all’interno del media più importante per me.
Cosa ti ha lasciato Radio Frequenza?
Radio Frequenza mi ha lasciato un bagaglio culturale e sicuramente anche dei bellissimi ricordi, perché ho conosciuto delle persone davvero speciali e incredibili dal punto di vista umano e che mi hanno aiutato tanto e mi hanno fatto capire come muovermi all’interno della radio. Per quanto riguarda il lato culturale ho cercato di introdurmi in un mondo che per me era quasi nuovo; infatti, arrivavo da un anno di radio in diretta, ma era diverso rispetto ai programmi della radio dell’università di Teramo perché è stata più interattiva. Grazie a queste esperienze sono cresciuto molto anche professionalmente.

Intervista a Nicolas Maranca
Che tipo di esigenze ti hanno spinto a provare un’esperienza in radio?
L’esperienza in radio è arrivata perché avevo e ho una grande passione per lo sport. L’opportunità di poterne parlare in radio in un programma dedicato mi ha subito affascinato, da lì è iniziata l’avventura con Radio Frequenza.
Come è stato il rapporto con il microfono?
Il rapporto con il microfono è stato avventuroso, ho avuto delle difficoltà all’inizio per la paura di essere messo davanti a questo strumento. Dopo la prima esperienza con il microfono si scopre essere un qualcosa di davvero potente e avvincente perché ti sale subito la voglia di continuare a parlare per tutto il tempo e non limitarsi soltanto a quell’ora di trasmissione.
Cosa facevi all’interno della Radio?
All’interno della radio ho avuto l’opportunità di essere responsabile della sezione sportiva di Radio Frequenza e di cogliere anche alcune opportunità come ad esempio quelle offerte da “Raduni”, partecipando al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia.

Intervista a Ilaria Massariello
Cosa ti ha spinto a intraprendere un’esperienza in radio?
Direi per prima cosa la curiosità di entrare a far parte di un mondo che mi ha sempre affascinato e che altrimenti non avrei mai conosciuto. In passato la radio è stato un potente mezzo di comunicazione e ancora oggi continua ad avere un ruolo chiave nella nostra società accompagnando la nostra quotidianità, divulgando e divertendo. Sapendo che all’Università degli Studi di Teramo c’è Radio Frequenza, ho sentito la necessità di avere una voce in questo panorama ed è stato un amore a prima vista. Quest’esperienza mi ha dato l’opportunità di fare nuove conoscenze e di lavorare con uno staff accogliente e disponibile.
Che tipo di programma svolgevi?
Avevo ideato un format chiamato Woman’s Power e scherzosamente veniva annunciato come il programma più “rosa” di tutto il palinsesto; analizzavo il mondo attraverso gli occhi di una giovane donna che stava crescendo e completando i suoi studi per inserirsi nel mondo del lavoro in una società che spesso ha un rapporto un po' conflittuale con il ruolo della donna. Abbiamo trattato tematiche come l’arte, la musica, la moda, l’intrattenimento, indagando anche degli aspetti più profondi come la sessualità, il ruolo della donna nella società odierna e le prospettive future. Ho avuto modo di intervistare diversi personaggi, avere degli scambi con colleghi e amici creando anche dei dibattiti divertenti tra uomo e donna. Woman’s Power ha aggiunto quel tocco di femminismo nella radio e spesso ho ricevuto dei messaggi da parte di molte ragazze che dicevano di sentirsi comprese e rappresentate.
Stabilire una “relazione” con il microfono ha influito sul modo di esprimerti in pubblico e nel sostenere esami orali?
La relazione con il microfono non è mai stata problematica: fin da bambina ho sempre cantato e recitato e quindi è stato come rincontrare un vecchio amico per poi indossare le cuffie e partire spedita. Mi piace l’idea di poter usare la mia voce, di potermi esprimere letteralmente e metaforicamente tramite essa. Il mio programma era in diretta, e non essendoci la possibilità di tagliare o di censurare ciò che si è detto, è stato molto importante imparare a gestire i propri pensieri e comunicarli nella forma corretta. Credo che ciò sia fondamentale nel sostenere esami orali e nella società odierna. La radio mi ha dato tanta autostima in più.
Riascoltavi la tua voce in radio?
Sì, ammetto di aver riascoltato ogni tanto la mia voce ed è sempre un’esperienza simpatica perché si finisce quasi nel non riconoscersi e nell’avere la sensazione che stesse parlando qualcun altro. D’altro canto, prendere coscienza della propria voce e sentire effettivamente di aver comunicato determinati concetti nel modo giusto è una bella emozione. Inizialmente ritenevo la mia voce un elemento di svantaggio nella mia personalità e la vedevo come un qualcosa di cui vergognarmene, complice forse il fatto che da ragazzina sono stata presa in giro per il mio tono grave e profondo rispetto a quello delle mie coetanee. Con gli anni ho capito che questa particolarità era assolutamente un tratto distintivo della mia personalità e con la radio è diventato un vero proprio punto di forza. Avere la consapevolezza di essere immediatamente riconoscibile mi ha portata ancor di più a prendere coscienza del potere della mia voce e che attraverso essa si possano comunicare sensazioni che non avrei mai immaginato.

Intervista a Evelina Frisa
Cosa ti ha spinto a intraprendere un’esperienza in radio?
È stata una casualità. Dopo essermi laureata in Scienze Della Comunicazione ho frequentato, sempre a Teramo la specialistica in “Editoria Comunicazione Multimediale e Giornalismo”. Io volevo fare la giornalista e alla fine ci sono riuscita. Mi sono avvicinata alla radio dell’Università di Teramo perché mi affascinava questo mondo. La prima volta che ci sono andata è quando ho dovuto sostenere l’esame che era legato alla radiofonia. I miei referenti alla radio erano Monica e Giovanni e con loro ho capito che era bello stare dietro al microfono perché le persone sono più rilassate. Quando fai un’intervista televisiva esiste sempre questo pensiero sull’estetica e sul giudizio degli altri, mentre alla radio non esiste questo problema. Mi piaceva questa cosa e rendeva l’intervista molto più confidenziale, senza alcuna paura. La passione per questo strumento esisteva e i pomeriggi, invece di passarli all’interno della biblioteca, li passavo all’interno della radio su un tavolo libero e stavo lì a leggermi qualcosa che dovevo studiare. Ogni tanto Monica mi chiedeva di fare qualche prova oppure di leggere qualcosa in radio perché, come mi faceva notare, ho una voce adatta per questa professione. Da quel momento, ho iniziato a frequentare la radio in modo assiduo.
La radio è stata un qualcosa che ha fatto esprimere te stessa?
Non lo so, forse sì. Sicuramente fare radio mi ha fatto capire che volevo fare parte di questo bellissimo mondo. Quando faccio radio la faccio con felicità. Mi piace anche l’idea che quando faccio radio, qualcuno mi ascolta non sapendo chi o cosa sta facendo quella persona però questa immagine mi è sempre piaciuta. Con certezza posso dire che la radio mi dà benessere.

Intervista ad Alessandra Campanile
Cosa ti ha spinto a fare un’esperienza in radio?
C’è sempre stata in me una passione di fondo per la comunicazione, nello specifico in quella “uno - molti”. Nel 2003 studiavo all’Università degli Studi di Teramo e, quando mi venne proposta l’opportunità di affacciarmi al laboratorio radio, decisi di mettermi in gioco e sperimentarmi. È stata la domanda giusta nel momento giusto della mia strada e ho voluto cogliere questa occasione.
Che tipo di programma svolgevi?
I programmi che ho realizzato sono stati due. Il primo era chiamato Pausa Caffè e l’ho condotto inizialmente con Simone e in seguito con Tania, anch’essi studenti e miei compagni di conduzione. Pausa Caffè era essenzialmente il caffè da sorseggiare insieme all’ospite di turno che veniva invitato dall’Università degli Studi di Teramo per convegni o attività e questo programma mi ha permesso di dialogare con diverse eccellenze di varie discipline. Successivamente è nato un altro progetto radiofonico incentrato sulle donne che hanno scritto la storia e che avevano qualcosa da dire; insieme alla professoressa Silvia Salvatici ho realizzato Voci di Donne in cui raccontavamo la storia di diverse donne che hanno dato il loro contribuito per il cambiamento dei costumi sociali del genere femminile in Italia.
Avevi l’abitudine di riascoltare la tua voce in radio?
La regola madre della radio dell’Università degli Studi di Teramo era: “Ti devi riascoltare”. Ed effettivamente è vero: bisogna riascoltarsi, riascoltarsi e riascoltarsi. Succede che nella tua testa credi che la tua voce sia in un modo, invece riascoltandoti puoi sorprenderti o cadere dalle nuvole, ma sicuramente tale esperienza ti dà la capacità di curare due aspetti molto importanti come la dizione e il tono di voce. Riascoltandoti fai meglio radio.
