Il futuro degli anni '50

Storia di una famiglia: dalla radio alla televisione

1953. È una fredda sera di ottobre. Antonio Russo è appena tornato a casa dopo una dura giornata di lavoro e trova ad aspettarlo una scena fin troppo tipica per quegli anni: la moglie seduta sulla poltrona intenta a ricamare, i figli che giocano sdraiati a terra e di sottofondo l'inconfondibile voce di Sergio Zavoli.

”L’occidente era ancora a dosso del tramonto che già a levante la luna risvegliava le pallide ombre di Cnosso, il più vecchio dei barcaioli seguendo il calmo ritmo dell’onda si mise a cantare, la barca era di continuo investita dal quel fremito marino, la roccia ci attirava e l’onda ci respingeva, avevamo il fiato sospeso come per un’affascinata impazienza: stavamo per toccare l’antica patria della nostra civiltà”
Notturno a Cnosso, Sergio Zavoli (1953)

Questo non è che uno dei tanti quadretti simili che si possono vedere dipinti nelle sale delle case italiane in quel periodo.
Ci troviamo infatti negli anni d'oro della radiofonia italiana, il prezzo degli apparecchi è sceso vertiginosamente e la radio è ora uno strumento che si può trovare nella grande maggioranza delle case.

Sta lentamente svanendo il terrore che la seconda guerra mondiale ha portato nel cuore di ogni persona e, con un barlume di speranza, si guarda ad un futuro meno tormentato.

Nella penisola italiana, da nord a sud, nelle grandi capitali e nei paesini di campagna, le strade sono inondate dalle notizie dei giornali radio, dalle canzoni di Sanremo e da molte altre voci come quella di Zavoli.
Ci si concede finalmente una risata e si scopre un amore per la cultura che non era stato possibile coltivare nei duri anni del conflitto.

La radio è sempre accesa, in tutto il paese.
E non è solamente uno strumento che trasmette, è uno strumento che unisce.
Unisce le persone, specialmente nei salotti come quelli del signor Russo, dove tutta la famiglia si ritrova la sera ad ascoltare ciò che il mondo ha da dire, per poi parlarne il giorno seguente con amici e colleghi.

Tuttavia, un cambiamento è alle porte, un'invenzione, che porterà chiunque a rivalutare la propria idea di conoscenza, a ripensare la comunicazione nella sua interezza.
Sta arrivando la televisione. Ed il mondo non sarà più lo stesso.

Famiglia di Seui (Sardegna), anni '50

Radiocorriere, n°49, 6-12 dicembre 1953

Il servizio televisivo regolare ebbe inizio il 3 gennaio 1954 a cura della RAI.

L'avvento della televisione fu un evento incredibile, ma in quegli anni era un bene di lusso che pochi italiani potevano permettersi, tanto che i bar o le case dei propri vicini divennero luoghi prediletti per visioni di gruppo.


Inizia quindi la "gara" per il primato mediatico


Radiocorriere, copertina dell'ultimo numero del 1953.

Radiocorriere, copertina dell'ultimo numero del 1953.

Radiocorriere, 3-9 gennaio 1954.

Radiocorriere, 3-9 gennaio 1954.

Illustrazione di Radiomarelli per l'inaugurazione della televisione.

Illustrazione di Radiomarelli per l'inaugurazione della televisione.

"L'avvento della tv segna un confine temporale nella storia nazionale, un prima e un dopo. Grazie alla tv l'Italia si trasforma rapidamente e inizia il suo faticoso processo di modernizzazione."
Aldo Grasso, Prima lezione sulla televisione (2011)

E luce fu. Domenica 3 gennaio 1954, alle ore 11, si accendono per la prima volta gli schermi italiani. Ad accogliere i nuovi spettatori una signora ben vestita, gli studi di Milano e l'annuncio delle trasmissioni.

Tuttavia la famiglia Russo, come molte altre, non è tra i fortunati possessori di una televisione. Costa troppo e, nonostante le insistenti richieste dei bambini, bisogna prima di tutto pensare a mettere il pane in tavola.

Trascorrono così le prime settimane del '54, con lo sguardo curioso (e talvolta invidioso) di un'intera nazione, intenta a leggere sui giornali di un nuovo portentoso strumento che non sta più solo raccontando, ma che sta mostrando l'Italia agli italiani.

Fortuna vuole che il vecchio barista del quartiere abbia tenuto da parte tutto ciò che il buon Antonio Russo ha speso in birra nel corso degli anni.
È così che un televisore nuovo di zecca si stabilisce di prepotenza dietro al bancone per farsi ammirare, come se all'interno della sua cornice metallica fosse dipinta l'opera più bella al mondo.

Ed effettivamente la televisione diviene, a quell'epoca, una sorta di Monna Lisa. Tutti accorrono per vedere come è realmente, cosa ha da offrire. Grandi e piccini, uomini e donne, tutti incantati da ciò che il piccolo schermo racconta loro.

“La TV è una sorta di grande orologio che scandisce, attraverso i suoi ritmi, i suoi appuntamenti, le abitudini di ascolto condivise dall’intera popolazione e favorisce una sorta di unificazione all’interno di un tessuto sociale che non disdegna di rivelare le sue trame [...]. Essa rispecchia i mutamenti della società dopo aver alimentato le condizioni di questi mutamenti”
Aldo Grasso, Storia della televisione italiana (1992)

Mentre i Russo si godono le nuove meraviglie tecnologiche che il bar offre loro, accompagnati da un caffè ed una brioche, per molti altri in Italia il punto di riferimento rimane la radio.

Lo strumento, presente nelle vite di tutti dal lontano 6 ottobre 1924, è ormai radicato non solo nella cultura collettiva, ma nelle abitudini quotidiane di ognuno.
Si tratta infatti della radio che ha plasmato una generazione, la radio che ha contribuito a creare un senso di identità nazionale accompagnando i suoi ascoltatori non solo attraverso il regime fascista ma anche attraverso il suo crollo.
È una radio che ha vissuto e raccontato, insieme non solo agli italiani ma al mondo intero, il periodo più buio dell'umanità.

La povera Adele racconta ancora, stringendo la mano del suo Antonio, di quando nel '44 (solamente qualche anno prima) erano nascosti nello stesso bar in cui ora guardano ammaliati la televisione, ascoltando silenziosamente Radio CORA in attesa di una qualche notizia da parte della resistenza.
"Non fosse stato per quella guerra Coppi ne avrebbe vinti altri cinque di Giri!" risponde sempre il marito con un sorriso amaro.

E forse è vero che Fausto Coppi avrebbe vinto altri cinque Giri. Forse è vero che, senza la seconda guerra mondiale, gli italiani avrebbero esultato in coro il nome del ciclista all'annuncio radiofonico della vittoria di tappa.

"La radio, come qualunque altro medium, ha un suo manto che la rende invisibile. Ci si presenta apparentemente in una forma diretta e personale che è privata e intima, mentre per ciò che più conta è una subliminale stanza degli echi che ha il potere magico di toccare corde remote e dimenticate."
Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare (1964)

È ancora troppo presto perché si possa dimenticare la radio, così come è troppo presto per lanciarsi tra le braccia della televisione. Un medium che la gente non solo non conosce ancora, ma che non riesce a capire del tutto.
Però si compiono dei passi in avanti. E nel giro di poco tempo tutto il paese si ritroverà a correre, trascinato da Mike Bongiorno e da molti altri insieme a lui.

Annuncio pubblicitario di Radiomarelli per il chiliofono (1932 ca.)

Annuncio pubblicitario di Radiomarelli per il chiliofono (1932 ca.)

Radio CORA, la radio partigiana fiorentina (1944)

Radio CORA, la radio partigiana fiorentina (1944)

Famiglia radunata in ascolto della radio (giugno 1954 ca.)

Famiglia radunata in ascolto della radio (giugno 1954 ca.)

Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi in Un, due, tre

Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi in Un, due, tre

Mike Bongiorno a Lascia o raddoppia?

Mike Bongiorno a Lascia o raddoppia?

Paola Bolognani e la madre ammirano la vincita a Lascia o raddoppia?

Paola Bolognani e la madre ammirano la vincita a Lascia o raddoppia?

Natale 1955.
Nel salotto dei Russo, accanto al piccolo albero a punta, c'è un grosso scatolone coperto da un telo che ha visto anni migliori. Sotto si cela la porta sul mondo che fino ad allora avevano potuto osservare solo al bar.
Finalmente la televisione ha varcato le soglie della loro piccola casa ed il vecchio Antonio la guarda soddisfatto, tra le voci entusiaste dei figli, spiegando alla moglie come sia riuscito ad averla da un vecchio signore in cambio di un grosso tavolo di legno massello realizzato nella sua piccola bottega da falegname.

E mentre Adele ride già al pensiero di poter vedere quei burloni di Vianello e Tognazzi in Un, due, tre, il marito sorride sornione pregustando il sabato sera in compagnia di una Edy Campagnoli che si muove graziosa sul suo schermo.

Ma ciò che l'intera Italia aspetta è il "Signore e signori, buonasera" del giovane Mike Bongiorno di Lascia o raddoppia.
Perché sin dalla prima puntata di novembre del 1955 si sono tutti innamorati di quest'uomo, così affascinante eppure così normale, un uomo che con il telequiz più popolare di quegli anni strappa le persone dalle poltrone dei cinema, per poi radunarle in casa, nei bar o persino nei ristoranti.

Mike regala agli italiani la possibilità di sognare, la possibilità di immaginarsi lì sul palco insieme a lui, circondati da luci e telecamere e con oltre cinque milioni di lire a portata di mano.

“Tutti, almeno una volta, hanno sognato di parteciparvi, per diventare personaggi venerati dal pubblico, per poter rispondere alla fatidica domanda, perché nessun’altra trasmissione è riuscita a creare una così grandiosa partecipazione collettiva. L’immaginario fornito ai neo-telespettatori è affascinante, sfavillante, ma, per la prima volta, vicino, quasi a portata di mano.”
Aldo Grasso, Storia della televisione italiana (1992)

Negli stessi anni in cui tutti iniziano a sognare di trovare un televisore sotto l'albero come i figli dei coniugi Russo, la radio non rimane certo in silenzio.
È il 1955 quando un giovane che porta il nome di Enzo Tortora si presenta al vasto pubblico radiofonico con Il campanile d'oro, un concorso canoro a squadre che vede in gara tutte le regioni italiane.
Si tratta di un successo senza precedenti.
L'Italia viene scossa da Bari a Milano, dal più piccolo paesino siciliano fino alle botteghe veneziane. Chiunque rimane con l’orecchio ben premuto sull’altoparlante della radio a fare il tifo per la propria regione.
L'entusiasmo dura per mesi, i concorrenti diminuiscono ma gli spettatori non fanno che aumentare.

La finale ha luogo il 16 marzo di quell'anno e vede contrapposta la Sicilia alla Sardegna.
A spuntarla sono i siciliani, che ricevono il premio "Campanile d'oro" dalle mani del vice sindaco di Milano, accompagnati dall'indignazione dai molti che, vista la propria regione perdere, si erano affezionati alle tonalità chiuse dei sardi.

Le lamentele sono tali che i dirigenti della Rai decidono di conferire alla squadra sarda un premio di consolazione dal nome il “Campanile di Giotto”, con la scritta alla base del trofeo: ”Premio della Rai e del Centro Nazionale per gli studi di musica popolare alla squadra che meglio ha contributo alla conoscenza del folklore della propria regione”.

Ma questo non è che uno dei molti episodi in cui l'intrattenimento radiofonico riuscì a rapire l'intera popolazione, inchiodando tutti all'ascolto così come sta facendo ora la televisione con Mike Bongiorno.

Ci vorrà ancora qualche anno prima che Antonio smetta, entrando in casa, di gridare scherzosamente: "Miei cari amici vicini e lontani, buonasera; buonasera ovunque voi siate!".

Enzo Tortora a Carosello qualche anno dopo, nel 1959.

Enzo Tortora a Carosello qualche anno dopo, nel 1959.

Nunzio Filogamo, famoso conduttore radiofonico.

Nunzio Filogamo, famoso conduttore radiofonico.

Frame tratto dalla sigla di Carosello, 1957.

Frame tratto dalla sigla di Carosello, 1957.

"Il barman" uno dei primissimi sketch proiettati a Carosello, con Carlo Campanini.

"Il barman" uno dei primissimi sketch proiettati a Carosello, con Carlo Campanini.

Dal '57 in poi la televisione prende il volo.

Nel mese di febbraio inizia la trasmissione quotidiana di quello che sarà uno dei programmi più visti e più importanti della storia della televisione italiana.
Inizia Carosello.

“Il teatrino, il raccontino, l’appuntamento; tutte le sere, dopo il Telegiornale, dal 2 febbraio un siparietto introduce il telespettatore nel ghetto dorato della pubblicità.”
Aldo Grasso, Storia della televisione italiana (1992)

La trasmissione nasce dalla volontà della Rai di introdurre nel palinsesto televisivo uno spazio dedicato alla pubblicità, ma senza fare come in radio una mera lettura di annunci pubblicitari.
Viene quindi sviluppato un format televisivo apposito, un format che prevede siparietti e scenette comiche finalizzate alla presentazione del prodotto nel finale.

Carosello introduce così gli italiani al consumismo.

In men che non si dica il povero signor Russo si ritrova scisso tra la moglie che vuole l'ultima macchina da cucito Singer ed il suo desiderio di riempire la casa di bottiglie di Cynar.

Il programma avvicina le persone allo schermo come neppure Lascia o raddoppia? era stato in grado di fare.
Tutta l'Italia, bambini inclusi, aspetta le incredibili storie delle 21 ed i cortesti consigli per gli acquisti che si trovano alla fine degli sketch.

Ma la popolazione è ancora al riparo dalle pubblicità dai mille significati e significanti che nasceranno qualche anno dopo.
Carosello è infatti estremamente sorvegliato e viene costantemente limitato da precise regole stilistiche e narrative. Tra i martelli che piantano questi paletti c'è la Democrazia Cristiana, sempre molto attenta ad evitare la trasmissione di qualsiasi contenuto dal valore dubbio, nonchè sostenitrice di una televisione di stampo borghese, una televisione impiegatizia, che non rischi di creare desideri o persino odio di classe.

Questa televisione, seppur moderata, culla gli italiani nel sogno del miracolo economico, ancora solo agli albori.

Frame tratto dai primi episodi di Non è mai troppo tardi.

Frame tratto dai primi episodi di Non è mai troppo tardi.

Alberto Manzi in Non è mai troppo tardi.

Alberto Manzi in Non è mai troppo tardi.

La Rai però, non si limita a creare litigi in casa Russo. C'è infatti chi ha capito che la televisione può sfruttare la sua influenza, oltre che per convincere le folle a comprare un prodotto, per istruire.
È così che la pedagogia inizia a farsi strada sul piccolo schermo proponendosi non di insegnare, bensì di far crescere culturalmente la popolazione, di fornire alle persone un determinato modello di vita, un determinato modello culturale.

Su questa scia nasce un programma intitolato Non è mai troppo tardi, destinato a lasciare un segno sul pubblico televisivo italiano, specialmente tra le persone più anziane.
Condotto dal maestro Alberto Manzi, la trasmissione si propone di insegnare a leggere e a scrivere agli italiani che non ne erano ancora in grado pur avendo superato l'età scolare.

La bontà e la sensibilità del conduttore del programma toccano il cuore di molte persone.

In primis colpisce Adele che, sin dalle prime puntate, corre a prendere la sua vecchia madre per mostrarle come questo signore che c'è nello schermo può aiutarla a recuperare l'istruzione che non si è potuta permettere.
Il tutto tra i borbottii del signor Russo, infastidito dall'idea di dover cedere la poltrona a qualcuno.
Ma il successo del programma è anche (e soprattutto) merito di persone come Adele, persone che in quegli anni riescono a vedere un futuro con nuovi valori oltre il vetro dello strumento televisivo.

Oggigiorno l’ufficio stampa Rai parla di un milione e mezzo di persone che impararono a leggere e scrivere grazie alla trasmissione. Aldo Grasso sostiene che invece furono solo 35.000 a prendere la licenza elementare (Se anche Manzi diventa un santino, Corriere della Sera).
Che questo sia vero o falso conta poco.
La televisione ha scoperto di poter plasmare gli italiani come mai nessun media fino ad allora era stato in grado di fare e le abitudini e i costumi della gente sono ormai un intreccio con quel che si vede sullo schermo.

Se è vero che la radio è stata una compagna di vita negli ultimi 30 anni è anche vero che è arrivato il momento, non di dimenticare, ma di andare avanti.
Siamo nel 1964.

Nel 1954 la televisione contava 88.118 abbonati a fronte dei 5.161.598 della radio.

Nel 1964 la televisione è arrivata a 5.215.503 abbonamenti. La radio è scesa a 4.444.179.

L'Italia non è più la stessa.

La famiglia Russo ha ormai spostato la radio in cucina, lasciando la televisione regina del salotto.
I bambini che l'avevano trovata tanti anni prima accanto all'albero di Natale sono ormai ragazzi e la generazione che si appresta ad entrare nella società è la loro.
Una generazione più connessa, più consapevole. E al tempo stesso più incosciente.
Una generazione, tutto sommato, più moderna.