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la Repubblica cantata

ep 2: Quei giovani angeli senza spada

Gli anni Sessanta tra miracolo e contestazione




"Esisteva davvero un treno che veniva dal Sud."

Per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta l’Italia vive un intenso processo di crescita economica, tanto da parlare di un vero e proprio miracolo economico. Questi processi sono in parte innescati dal Piano Marshall, i cui ingenti capitali diventano un acceleratore di processi di massiccia industrializzazione. Ma per poter crescere l’industria ha bisogno di attrezzature e manodopera, e in Italia di manodopera non specializzata e a basso costo ce n’è in abbondanza.  Infatti, molte famiglie, sia dalle zone rurali del nord, ma soprattutto dal sud, migrano verso le grandi città settentrionali come Milano e Torino, concentrandosi nelle zone periferiche dove ci sono le abitazioni meno care e allargando così la struttura delle città stesse. Ma non sono solo le città a cambiare: in circa 10 anni il settore industriale vede una forte crescita e sviluppo, al contrario di quello agricolo, abbandonato da chi decide di migrare per trovare fortuna altrove.

Con il boom economico e con il conflitto mondiale ormai come lontano ricordo, gli italiani sono più inclini ad acquistare beni di consumo e mostrare uno stile di vita scandito dal benessere e dalla leggerezza. Leggerezza, però, che non rispecchia il piano politico e il fermento sociale: sono gli anni del governo Tambroni, appoggiato (tra gli altri) dal Movimento Sociale Italiano e per questo accusato di simpatizzare per i movimenti fascisti; nel 1960 il MSI decide di organizzare il suo sesto congresso a Genova, città insignita della medaglia al valore militare per la resistenza nel 1947. Il gesto viene visto come un affronto.

Nel luglio dello stesso anno, una manifestazione sindacale a Reggio Emilia viene repressa con il sangue: le forze dell'ordine sparano e uccidono cinque operai, che passeranno alla storia come "i morti di Reggio Emilia". Questi scontri sono il chiaro segno dell'ormai dilagante diffusione, tra i giovani, di un sentimento antifascista.

La presenza dei giovani nella cosiddetta “estate dalle magliette a strisce” mostra una crescente frattura generazionale, che non coinvolge solo la dimensione politica. Infatti, come stava accadendo negli Stati Uniti, anche in Italia iniziano a diffondersi nuovi modelli culturali.


“Da una parte i falchi, la maggior parte dei milionari, i politicanti di vecchio stampo […] dall’altra parte i giovani, le colombe, i poeti e gli artisti, gli studenti che protestano”
Jerry Hopkins

Hopkins descriveva come l’opinione pubblica negli Stati Uniti si era spaccata all’alba della controcultura degli anni Sessanta, la quale si faceva portatrice, prima in America e poi in Europa, della promozione dei diritti civili di tutti, della parità di genere, di razza e di etnia, e criticava aspramente istituzioni conservatrici come il governo, le università e la stessa gerarchia familiare.


In Italia l’influenza della controcultura è forte nelle università grazie ai movimenti studenteschi: infatti, con il boom economico e riforme scolastiche ad hoc, è aumentato il numero di giovani che si iscrivono nelle università. Ed è proprio all’interno degli atenei che i giovani manifestanti decidono di iniziare le loro prime battaglie, tra cui l’introduzione della liberalizzazione del piano di studio e degli appelli mensili, con la possibilità degli studenti di intervenire sui programmi dei corsi e di attivare seminari autogestiti, con l’abolizione della certificazione delle bocciature sul libretto e di ottenere spazi strutturali dove poter discutere di problematiche sociali e politiche. E lo fanno anche tramite proteste e occupazioni.  La prima università ad essere occupata dagli studenti è quella di Trieste, seguite da quelle di Milano e Roma. Le proteste, inizialmente pacifiche, si inaspriscono con la battaglia di Valle Giulia, di cui abbiamo una cronaca nell’articolo di Gianpaolo Bultrini e Mario Sciajola pubblicato da L’Espresso il 10 marzo 1968. Nel febbraio del 1968, la città universitaria di Roma è occupata dagli studenti e il governo nazionale ordina l’occupazione della stessa da parte delle forze dell’ordine; il primo marzo il movimento studentesco si riunisce per una assemblea a piazza di Spagna e da lì marciano verso la facoltà di architettura che aveva la sede proprio a Valle Giulia: ad attenderli uno schieramento di agenti. Centinaia saranno i feriti tra agenti e studenti e, nonostante la furia dello scontro, per fortuna non ci saranno vittime.


"Io credo che questa mia generazione è preparata ad un mondo nuovo e ad una speranza appena nata"

Dio è morto - Francesco Guccini

Le manifestazioni si allargano man mano, superando l’ambiente universitario e arrivando a quello operaio, creando così movimenti anche nelle fabbriche dove è presente una nuova generazione di operai più giovane e propensa ad aderire alla rivoluzione. L’unione tra studenti e operai forma i CUB: Comitati Unitari di Base delle aziende che si uniscono alle Assemblee spontanee degli studenti. Se nelle università l’obiettivo era quello di migliorare le condizioni di studio, nelle fabbriche ci si propone il miglioramento delle condizioni lavorative: i turni di lavoro sono faticosi e il salario è scarso nonostante l’ambiente economicamente favorevole, pertanto sono comprensibili le rivendicazioni degli operai. Nel 1962, in Piazza Statuto a Torino, un gruppo di manifestanti protesta sotto la sede della UIL, sindacato fondato nel 1950, poiché quest’ultima si era ritirata dalle trattative con le industrie locali. Così come per le università, anche questi moti danno i loro frutti: infatti alla fine di questi scontri, si giunge alla legge 300 del 1970 che tutela la libertà e la dignità dei lavoratori e le attività sindacali nei luoghi di lavoro. 

Ma i giovani sono protagonisti anche di azioni umanitarie, come per esempio in occasione dell’inondazione di Firenze nel novembre 1966. Infatti, moltissimi giovani vengono a sapere dell’accaduto tramite il sempre più diffuso sistema dei media, che adesso riesce a raggiungere una vastissimo pubblico, e giungono da ogni parte d’Italia per prestare soccorso agli abitanti della città. Fu il giornalista Giovanni Grazzini a dare loro il nome di “Angeli del fango” in un suo articolo del Corriere della sera del 10 novembre dello stesso anno, poiché il loro lavoro non si fermò a soccorrere le persone durante l’alluvione ma anche quando, dopo l’acqua, rimase il fango che aveva riempito le case, i negozi, e danneggiato beni e opere d’arte.

A febbraio del medesimo anno, nel liceo Parini di Milano, i giovani editori del giornalino scolastico La Zanzara pubblicano l’articolo dal titolo “Che cosa pensano le ragazze di oggi”. Il contenuto era frutto di una intervista a un campione di studentesse su argomenti come il ruolo della donna nella società ed educazione sessuale. La notizia rimbalza alle orecchie di quella parte di opinione pubblica e politica di orientamento conservatore.  A marzo la situazione porta ad un vero e proprio processo dove sono sotto accusa i giovani editori, dattilografa e preside dello stesso liceo per “stampa oscena e corruzione di minorenni”. Fortunatamente, ad aprile, gli imputati vennero assolti. L’episodio fa da preambolo ai moti giovanili del ‘68 perché il giorno del processo molti giovani, studenti e lavoratori protestano nelle strade e nelle piazze italiane.




"Io non sono l'ombra di nessuno
Io non vivo all'ombra di nessuno
L'ombra di nessuno sarò"

L'ombra di nessuno - Caterina Caselli

Come abbiamo detto, il caso de La Zanzara fa da ponte per l’emancipazione femminile, argomento di discussione cardine dei moti del ‘68. La nuova generazione di donne si affianca alle discussione dei movimenti studenteschi, criticando il modello gerarchico familiare e rivendicando la propria individualità. Con l’immissione nel mercato dei primi contraccettivi, la sessualità si separa dalla funzione riproduttiva: la prima non trova più nella seconda il suo fine ultimo, ma diventa una ricerca del piacere fine a se stesso e questo è testimoniato da forme di sensualità inedite fino ad allora (considerate tabù) che prendono forma attraverso abbigliamento e acconciature sempre più audaci. Oltre a contribuire alla nascita di nuove mode e alla forgiatura di una figura femminile inedita, il movimento femminista  tende ad un progresso non solo nelle tradizioni ma anche nelle leggi. È il caso dell’episodio di Franca Viola, ragazza rapita e violentata dal suo ex fidanzato, costretta quindi al matrimonio riparatore. Tuttavia, sia Franca che la sua famiglia si oppongono alla pratica dopo aver scoperto alcuni legami della famiglia di Filippo Melodia, l’ex fidanzato, con organizzazioni mafiose. Grazie al dissenso di Franca Viola si giungerà, molti anni più tardi, all’abrogazione della legge 544 del Codice Civile che, di fatto, tutelava gli stupratori attraverso il matrimonio riparatore.

Anche il fumetto viene influenzato dall’ondata del femminismo, come ad esempio la Valentina di Guido Crepax creata nel 1965, che da ruolo marginale nel fumetto Neutron diventa protagonista di una propria saga. 

Sempre nei fumetti, assistiamo poi ad un ribaltamento dei ruoli, in cui il protagonista non è più il classico super eroe paladino della giustizia, ma tutto il contrario: è ora l’antagonista o l’anti eroe ad essere il principale occupante delle copertine dei fumetti. È il cosidetto periodo de “l’eroe nero”. Quello più famoso è sicuramente Diabolik, il ladro dalla calzamaglia nera che avvierà quel filone del “fumetto nero” con protagonisti Kriminal o Satanik.  Nato dalla matita delle sorelle Giussani nel 1962, Diabolik è sì un villain, ma il suo successo presso il pubblico come “eroe” è dato dal contrasto tra Diabolik stesso e personaggi ben peggiori di lui, e da virtù da lui in possesso, come la fedeltà verso la moglie Eva Kant e l’altruismo dimostrato nell’aiutare persino alcune delle sue vittime.



"Il giovane angelo senza spada"

Altro elemento della cultura pop è quello della canzone d’autore. Il festival di Sanremo, nato nel 1951, rappresentava per gli Italiani un momento di leggerezza dopo il conflitto, tanto che qualcuno l’ha definito come “la grande evasione”; tuttavia, Sanremo fu anche teatro di un tragico episodio. Nel gennaio del 1967, durante la 16° edizione, il brano “Ciao amore, ciao”, scritto e interpretato dal cantautore Luigi Tenco, viene eliminato dalla gara. La sera stessa, il 27 gennaio, Tenco viene ritrovato morto nella sua camera d’albergo, dopo essersi sparato un colpo in testa. 

Ancora oggi c’è un dibattito aperto sulle cause della morte, che oscillano tra il suicido e l’omicidio, ma ciò che è importante osservare è quanto l’evento sia stato traumatico, non solo per i suoi conoscenti e famigliari ma anche per l’Italia intera.

Un trauma non individuale ma collettivo: la canzone di Tenco esprimeva una grande inquietudine personale, che il pubblico probabilmente non riuscì a capire, forse perché immerso in un ambiente ormai positivo. Tenco era un cantautore dai testi impegnati che apparteneva alla scuola genovese, attenta alle questioni sociali, insieme a De Andrè, Lauzi tra i tanti. Nonostante la tragedia, la canzone riuscì ad arrivare a quella fetta di pubblico che con Tenco condivideva la medesima sensibilità, vedendo in lui una sorta di martire, che con il suo gesto estremo ha voluto scuotere le coscienze dei “signori benpensanti”, come cantava Fabrizio De Andrè nella canzone Preghiera in gennaio dedicata all’amico scomparso poco prima.


L'autore di questo testo è Antonio Masciantonio

Copy e visual editing a cura di Chiara D'Ortona e Emanuela Testa

Per scrivere questo testo ci siamo ispirati a:

Guido Crainz, Storia della Repubblica, Donzelli, 2016

Marcello Ravveduto, La nazione del Miracolo, Castelvecchi 2018

Andrea Sangiovanni, Tute blu, Donzelli 2006

Jacopo Tomatis, Storia culturale della canzone italiana, Il Saggiatore 2019

Inoltre abbiamo consultato:
http://storiaefuturo.eu/i-movimenti-delle-donne-dopo-68-eredita-rottura/
https://diacritica.it/storia-dell-editoria/la-nascita-del-fumetto-italiano-le-origini-del-fumetto.html