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la Repubblica cantata

ep 3: Strade grigie, cieli blu.

Gli affollati anni Settanta

"Quel processo di ridefinizione delle identità di genere che avevamo visto iniziare con le urlatrici degli anni Sessanta sta raggiungendo una nuova fase. Del resto, questi sono gli anni della seconda ondata del femminismo e del referendum sull’aborto e sul divorzio"

È il giugno del 1970 e l’Italia sta ancora facendo i conti con la fine del 1969, segnata da sangue e paura. Tuttavia, il paese intero è incollato davanti la tv quell’estate: è l’anno dei Mondiali di calcio in Messico, e la Nazionale ha battuto i padroni di casa ritrovandosi in semifinale contro la Germania Ovest. Terminerà 4-3 per l’Italia, un risultato storico.

“Noi abbiamo rischiato l’infarto, non per ischerzo, non per posa. Il calcio giocato è stato quasi tutto confuso e scadente, se dobbiamo giudicarlo sotto l’aspetto tecnico-tattico. Sotto l’aspetto agonistico, quindi anche sentimentale, una vera squisitezza, tanto è vero che i messicani non la finiscono di laudare”.
Gianni Brera per "Il Giorno", 18 giugno 1970

Una gara emozionante, passata alla storia come la "partita del secolo", sintetizzata in una targa affissa all’ingresso dell’impianto dove si disputò lo stesso incontro: «Lo stadio Azteca rende omaggio alle nazionali di Italia (4) e Germania (3), protagoniste, nel mondiale del 1970, della Partita del Secolo. 17 giugno 1970». 

Una partita di calcio memorabile, che ha avuto riscontro anche nella musica:  Mina, con un testo scritto da Fausto Cigliano, mette in note la rosa della selezione che partecipò a quell’indimenticabile gara partendo dai titolari fino ad arrivare ai panchinari. Si tratta di “Ossessione 70”, una canzone poco conosciuta, ma che fa capire quanto quella partita sia stata importante e significativa per una grande fetta di italiani.

Proprio la vita privata di Mina degli anni precedenti aveva introdotto un dibattito sui diritti civili. All’inizio degli anni ‘60 la cantante si era legata all’attore Corrado Pani, che era già sposato, e con lui ha un figlio, Massimiliano. All’epoca fu un vero e proprio scandalo, ma il dibattito che ne nacque era destinato a durare per anni.

Già nel 1965 il deputato Loris Fortuna aveva presentato alla Camera un progetto di legge per il divorzio, in concomitanza con le manifestazioni in piazza del Partito Radicale, accanto alla Lega italiana per l’istituzione del divorzio (LID). Il progetto di legge prevedeva lo scioglimento del matrimonio in presenza di cinque casi specifici, come la condanna all’ergastolo di uno dei coniugi, condanne per reati sessuali o la totale infermità di uno dei due, e si stabiliva anche l’obbligo dell’assegno alimentare a favore del coniuge più debole economicamente. Il progetto passò al vaglio di Camera e Senato tra il 1969 e il 1970, venendo approvato da gran parte di senatori e deputati, con l’astensione della Democrazia Cristiana dal voto.

Ma l’Italia antidivorzista non voleva rassegnarsi: chiese il voto diretto dei cittadini e lo ottiene. Così, il 12 maggio 1974, l’87,7% degli italiani si recò alle urne per decidere sull’abrogazione o sulla permanenza in vigore della Legge Fortuna.

Il 12 e 13 maggio 1974 si è svolto in Italia il primo referendum abrogativo. Promosso dalla Democrazia Cristiana di Amintore Fanfani, si proponeva di abrogare la legge istitutiva del divorzio (1° dicembre 1970, n. 898 Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) entrata in vigore nel dicembre del 1970. […] 33.023.179 elettori si recarono alle urne, 19.138.300 elettori (59,26%) votarono contro l'abrogazione della legge. I voti favorevoli furono 13.157.558 (40,74%)
camera.it

La reazione dell’opinione pubblica è unanime: il paese si sta modernizzando.  E non è un caso che a (di)mostrarlo sia un programma andato in onda nel dicembre del 1978 intitolato “L’amore in Italia”: Luigi Comencini dirige 5 episodi in cui uomini, donne, ragazze e ragazzi - da nord a sud - raccontano, attraverso le loro storie e la loro quotidianità, uno spaccato controverso e il cambiamento in atto sull’amore, la famiglia, i diritti civili. 

Gli anni a cavallo tra i '60 e i '70 sono anche quelli della diffusione del femminismo, contraddistinto da una serie di movimenti che puntavano all’uguaglianza politica, economica, umana e sociale dei sessi. Le donne iniziano a chiedere con insistenza di avere la giusta considerazione in confronto agli uomini: dagli Stati Uniti arriva la prima vera analisi sulla figura femminile, in un’opera di ricerca a cura di 12 autrici: “Women and Their Bodies”, libro di 193 pagine, in cui si analizzavano temi sessuali e quello dell’aborto attraverso anche il confronto con importanti medici.

Pochi mesi dopo il nome dell’opera mutò in “Our Bodies, Ourselves”, che dava ancor più consapevolezza alla donna dei mezzi a propria disposizione.

Oltre che dal punto di vista medico, la figura femminile iniziò ad imporsi anche nella società, con i movimenti nazionali: il primo organizzato in Italia fu il Movimento di liberazione della donna, del 1969, che puntava alla legalizzazione dell'aborto e la creazione di asili-nido. Nel 1970, il movimento Rivolta femminile presentò il suo manifesto intitolato "Sputiamo su Hegel", che rifiutava l’uomo come portatore del ruolo predominante: le donne chiedono un trattamento paritario anche a livello economico e lavorativo con i collettivi femminili del Movimento studentesco romano. Qualche risultato di queste contestazioni si vede già nel 1971, con due leggi che riconoscono la tutela delle lavoratrici madri e l’istituzione degli asili nido sul territorio nazionale. Acquista un ruolo centrale anche la maternità, con la possibilità di usufruire di permessi sul posto di lavoro per la cura della salute dei figli; diritto riconosciuto, però, solo alle donne. Nel 1975 c’è la Riforma del diritto di famiglia, che abolisce il ruolo del capofamiglia, ponendo sullo stesso piano uomini e donne: da qui in poi i coniugi, se impossibilitati al proprio sostentamento, hanno pari diritto di essere mantenuti. Nel dicembre 1977 il parlamento approva la richiesta di legge proposta dalla ministra Tina Anselmi, prima donna con un incarico di governo, in merito alla parità di trattamento tra sessi sul lavoro. La legge sanciva l’equità di salario, gli stessi limiti d’età degli uomini entro cui prestare servizio lavorativo, tutela assicurativa sul lavoro, oltre al divieto di ogni forma di discriminazione. Il decennio vede un netto aumento dei numeri dell’occupazione femminile in tutti i settori - in particolare in quello terziario - segnando una svolta per l’inserimento delle donne nel mondo del lavoro, dopo anni molto difficili.

Della donna, ad inizio decennio, aveva cantato Nicola Di Bari in “I giorni dell’arcobaleno”, che nel 1972 aveva vinto la ventiduesima edizione del Festival di Sanremo : era una canzone che metteva in scena, in un'ottica molto tradizionale, la maturazione di una ragazza. Avere un amante a sedici anni faceva di certo crescere la ragazza ma, ammoniva il cantante, "un giorno saprai che ogni donna è matura
all'epoca giusta e con giusta misura
E in questa tua corsa incontro all'amore
ti lasci alle spalle il tempo migliore", appunto i giorni dell'arcobaleno.

Ricorrere all'aborto è conforme al diritto, non in assoluto ma nei casi indicati della legge
Sentenza Corte Costituzionale, 1975

Questa sentenza della Corte Costituzionale del 1975 segna una svolta sulla questione dell’aborto, il cui mancato riconoscimento aveva fatto proliferare la pratica degli aborti clandestini che mettevano seriamente a rischio la salute di coloro che vi ricorrevano. Era anche un rischio a livello penale, con diversi anni di reclusione in caso della scoperta di attività abortiva sia per il medico che per la paziente. Tre anni dopo, nel 1978, nonostante la ferma opposizione del mondo cattolico e di alcune componenti politiche, il parlamento approvava la legge che regolamentava l’aborto, dichiarandolo legale. La legge numero 194, in sintesi, consentiva alla donna di interrompere la gravidanza in una struttura pubblica entro il terzo mese di gravidanza (oltre questo termine l’aborto veniva consentito solo per fini terapeutici). A raccontare e a toccare la tematica, in musica, sono gli Albatros che, con la voce di Toto Cutugno, portano a Sanremo “Volo AZ 504” nel 1976 con cui si classificano al terzo posto nonostante tante polemiche per il significato delle parole. “Potevo lasciarti avere il bambino ma ti rendi conto, cosa sarebbe successo?” è la frase chiave del testo di un brano che tratta questo tema per la prima volta, con parole recitate quasi in un discorso diretto tra Cutugno e la giovane Silvia Dionisio. La storia è quella di una ragazza che viene indotta all’aborto dal suo compagno e per questo decide di lasciarlo, nonostante lui cerchi di farla desistere dichiarandole, inutilmente, il suo amore. Ma la donna non fa il passo indietro e parte, con il volo citato nel titolo.

In quello stesso anno anche Francesco Guccini affrontava, in modo molto più diretto, la questione degli aborti clandestini con “Piccola storia ignobile”, una canzone che descriveva la solitudine e l'abbandono di chi decideva di affrontare un'interruzione di gravidanza, aggravata dallo stigma morale della famiglia. 





"[ ...] il rapporto ambivalente che gli operai avevano con la fabbrica: quello era il luogo in cui si costruiva un’orgogliosa identità personale e di classe e, allo stesso tempo, il luogo di una sorta di condanna a vita.

Tornando alla questione del lavoro, gli anni ’70 si aprono con una legge molto importante  e cioè la numero 300, il cosiddetto “Statuto dei lavoratori”. Esso andava a chiarire alcuni punti del rapporto tra dipendenti e datori di lavoro, analizzando diritti e doveri delle parti. Da qui, le organizzazioni sindacali presero spunto per puntualizzare sempre sulla posizione dei dipendenti: il contesto di riferimento è quello del lungo autunno caldo, fatto di proteste e scioperi, di manifestazioni di piazza e grandi difficoltà per le fabbriche. L’automatizzazione dei metodi di produzione non era accompagnata dallo sviluppo e dal miglioramento delle condizioni di lavoro. Per capire che decennio è stato, si pensi a come si è concluso: il 24 gennaio 1979, l’operaio e sindacalista Guido Rossa fu ucciso quando si stava recando al lavoro all’Italsider di Genova. La motivazione è da ricondurre alle accuse dello stesso Rossa nei confronti di un collega, Francesco Berardi, coinvolto nella diffusione in fabbrica di volantini propagandistici delle Brigate Rosse. Fu il primo sindacalista ucciso dalle BR, che iniziavano davvero ad occupare e a infiltrarsi in tutti i settori della vita pubblica italiana. Nel 1970, a toccare il tema del lavoro mettendolo in musica, è Adriano Celentano con “Chi non lavora non fa l’amore”, che vince il Festival di Sanremo.

Il cantante, nonostante il difficile momento del paese dopo il ’68 e contemporaneamente al delicato scenario lavorativo, crea una performance unica nel suo genere. Sul palco dell’Ariston, Celentano interrompe più volte l’orchestra, guadagnando visibilità e tempo, e cercando di ripetere il più possibile il titolo del brano per farlo entrare in testa a tutti. Dopo aver finto di aver dimenticato le parole, ricomincia arrivando fino al trionfo finale. Il brano presenta molti temi del vivere quotidiano dell’operaio del tempo, coinvolto in continuazione in manifestazioni e scioperi, che animano il “caos nelle città” e viene anche punito se non vi partecipa. Il lavoratore è a un bivio: se lavora viene picchiato dai colleghi, se non lo fa viene rimproverato dalla moglie. Così alla fine Celentano chiude con un monito al datore di lavoro: “Dammi l'aumento signor padrone così vedrai che in casa tua e in ogni casa entra l'amore”. Il brano diventa un vero e proprio inno contro gli scioperi e raccoglie molte critiche (come quella di Sergio Endrigo), ma anche consensi a non finire, come testimoniano le 750 mila copie vendute in poche settimane. Di tutt'altro tenore è un brano di qualche anno dopo, “Vincenzina e la Fabbrica”, pubblicato da Enzo Jannacci nel 1974. Il testo traccia un il ritratto di una ragazza emigrata dal meridione al nord e che entra in contatto con la vita industriale. Fu composta per la colonna sonora di “Romanzo popolare”, film del 1974 diretto da Mario Monicelli. La protagonista si proietta in un ambiente completamente nuovo cercando fortuna ma lasciando per strada vecchie abitudini. Vive ormai solo per il lavoro e non guarda ad altro, mentre la vita della città va avanti con le sue abitudini.

A metà decennio, però, il mondo del lavoro stava cambiando drasticamente, complice anche la crisi petrolifera. Nel 1973, infatti, gli Stati arabi avevano iniziato a tagliare le esportazioni di petrolio verso l’Occidente. Il blocco del 25% di export di greggio avviava una crisi energetica impattante per i Paesi europei, chiamati a fronteggiare il vertiginoso aumento del prezzo del petrolio. In Italia, il Governo presieduto dal democristiano Rumor portava avanti un piano di austerity che vietava la circolazione dei veicoli a motore di domenica, poneva il limite per la trasmissione dei programmi tv e la limitazione dell’illuminazione stradale e commerciale.

I risultati avrebbero deluso le aspettative: l’inflazione sarebbe rimasta alta e sarebbe servito un nuovo intervento nel 1975, stavolta con il Governo Moro, che provò ad aumentare le esportazioni per muovere l’economia nazionale, riducendo le importazioni di petrolio del 10% rispetto a due anni prima. Un anno dopo, la CEE e il Fondo Monetario Internazionale concedono due prestiti all’Italia per un totale di 1.000 miliardi ma la disoccupazione non si ferma, soprattutto tra i più giovani. Finsider, Alfa Romeo e Montedison si avvicinano ad un punto senza precedenti, quello del fallimento, ma ancora peggiore è lo scenario che si apre nel 1979: 23.000 casse integrazioni alla Fiat (dopo l’assassinio di Carlo Ghiglieno, il responsabile della pianificazione dell’azienda) e un nuovo scontro in terra araba porta all’ennesima crisi energetica d’occidente. Crisi economica raccontata da uno dei cantautori più noti del periodo, Rino Gaetano,che nel 1977 mette in musica le difficoltà energetiche degli anni ’70 in “Spendi spandi effendi”.
Gaetano inizialmente si rivolge al venditore di petrolio, chiedendo un litro di greggio in cambio di una donna, ancora una volta individuata come oggetto del desiderio. Il testo parla di una figura che lo stesso Rino Gaetano presentava spesso prima delle sue esibizioni: “L’Effendi è quel signore che consuma abitualmente una tazza di petrolio alle 5 di pomeriggio”. L’ironia del cantautore torna nel finale di canzone, quando chiude con: “Pace prosperità e lunga vita al sultano” mentre gli italiani cercano ancora di capire come venir fuori dalla difficoltà della disoccupazione, dei bassi salari, dell’alta inflazione. Della crisi economica parla anche Ivano Fossati in “La crisi”, raccontando di chi non può neppure uscire di casa per le difficoltà economiche.

"Erano così tante che il loro numero non è mai stato stabilito con certezza, visto che alcune erano minuscole e resistevano per poche settimane o pochi mesi prima di spegnersi"

Ma gli anni ’70 portano in un mondo nuovo dal punto di vista dei media, con lo sviluppo di nuove e potenti tecnologie e con il miglioramento di ciò che già era arrivato in Italia. I primi anni del decennio sono contraddistinti dall’ingerenza della politica nella questione della privatizzazione della televisione. La DC si batteva per una riforma interna della RAI, il Partito Comunista voleva rafforzare la funzione di servizio pubblico (si parla per la prima volta di “regionalizzazione”) e il Partito Socialista si schiera a favore della privatizzazione.

Si chiude la fase del Monopolio di Stato per la diffusione del segnale televisivo, con due sentenze della Corte Costituzionale che, tra 1974 e 1976, aprono alla legittimità delle trasmissioni via etere, alla definitiva liberalizzazione delle emittenti televisive via cavo e alla possibilità di introdurre trasmissioni radiotelevisive su scala locale. Nasce la terza rete Rai, diretta da Giuseppe Rossini, mentre il TG3 è diretto da Biagio Agnes. Il telegiornale porta un carattere più territoriale, con dieci minuti dedicati alle notizie nazionali e venti a quelle regionali con la cura delle singole redazioni locali. Periodo decisivo anche per la diffusione della tv commerciale, con l’arrivo sulla scena nazionale di Silvio Berlusconi che rileva Telemilano nel 1976. Un anno dopo, in Italia arrivano le trasmissioni a colori, come nel caso del Festival di Sanremo vinto nel ’77 dagli Homo Sapiens con “Bella da morire”.

Il 25 marzo 1970 prende il via uno dei fenomeni più caratterizzanti a livello mediale del nuovo decennio, quello delle radio libere. Da Partinico, in Sicilia, ecco il segnale di Radio Sicilia Libera a concretizzare le idee di un intraprendente Danilo Dolci, un sociologo intento a dar parola a chi non ha mai potuto esprimersi liberamente. Inizialmente iniziative simili furono stoppate dalle autorità, ma con tempistiche rapide in tutto il Paese emergono nuove stazioni radiofoniche che danno voce al popolo, che sia in studio o a distanza attraverso la linea telefonica. Nel 1976, la seconda sentenza della Corte Costituzionale - che liberalizza le trasmissioni via etere - gioca un ruolo chiave per la diffusione delle radio libere. Radio Alice, Radio Milano International e Radio Parma sono solo alcuni degli esempi della nuova ondata mediatica.

Entra nelle case e ci parla direttamente. E se una radio è libera ma libera veramente mi piace ancor di più, perché libera la mente
Eugenio Finardi, La radio, 1976

Finardi presenta questo potente strumento come compagno di vita di ognuno, come un qualcosa da accendere in ogni momento, sintetizzando il concetto delle radio libere

Questo è anche lo strumento privilegiato per chi vuol fare controinformazione, come Peppino Impastato. Giornalista siciliano nato e cresciuto a Cinisi, è colui che ha dato vita a Radio Aut, emittente locale in cui egli stesso si presenta davanti al microfono con alcuni amici nella trasmissione “Onda Pazza”. La sua voce va contro importanti figure di Cinisi e della Sicilia, muovendo accuse di reati mafiosi e commentando ironicamente tutto ciò che accade.

Impastato prende di mira soprattutto Gaetano Badalamenti, ma ciò lo porta alla morte, ordinata da quest’ultimo e arrivata nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978. Coraggio, cultura e nessuna paura hanno contraddistinto il suo lavoro radiofonico, come ricordato dal fratello Giovanni Impastato in una intervista.

Sul fronte dei quotidiani, la risposta alla crisi editoriale di metà decennio arriva nel 1976, quando Eugenio Scalfari introduce sulla scena “La Repubblica”, in un formato più di approfondimento rispetto al materiale già esistente. Un anno dopo, il “Corriere della Sera” passa al direttore Franco Di Bella, che riporta in luce la testata arrivando anche a produrre 600.000 copie giornaliere nel 1978. La tv inizia a sottrarre spazio al cinema introducendo molti sceneggiati e film, molti di questi importati dall’estero. Non mancano le produzioni RAI, come “Le Mani Sporche” del 1978 riprendendo un’opera di Sartre con protagonista Marcello Mastroianni, e nascono personaggi cult come il ragionier Ugo Fantozzi (1976). Il periodo continuamente segnato dalla cronaca nera ha i suoi effetti anche sul cinema, con la diffusione in larga scala del genere “poliziottesco”, nato a fine anni ’60, con film quali “Squadra Antiscippo” (1976) di Bruno Corbucci, “Napoli violenta” (1976) di Umberto Lenzi, “Napoli Spara!” (1977) di Mario Caiano.

Questo testo è stato scritto da Nicolas Maranca

Copy e visual editing a cura di Chiara D'Ortona

Per scrivere questo testo ci siamo ispirati a:

Guido Crainz, Storia della Repubblica, Donzelli 2016

Guido Crainz, Il Paese mancato, Donzelli 2005

Inoltre abbiamo consultato:

ilpost.it

techerai.it

rayplay.it