1972, Teramo e la Festa dell'Unità

Sono passati un paio di giorni da quando ho incontrato Basile e Lolli, a L’Aquila, e sono di nuovo in viaggio. Questa volta mi dirigo verso Teramo, dove Berlinguer venne nell’ottobre del 1972, in occasione della Festa provinciale dell’Unità.
Ricordate le Feste dell’Unità, vero?
Nonostante oggi non esistano più, restano ancora ben salde nel nostro immaginario collettivo come termine di paragone per qualsivoglia festa di partito.
Venivano organizzate dal PCI per finanziare e sostenere il principale organo di stampa del partito – l’Unità appunto – e per aiutare le sezioni locali del PCI nella realizzazione di sedi e case del popolo.

Il primo festival risale al 1945, nei primi di settembre, e si svolse in una località poco fuori Milano, Mariano Comense: più una “scampagnata” che una festa, forse, ma con una partecipazione fuori dal comune, secondo le cronache dell’epoca. Dicono che vi andarono circa 200.000 persone, non solo il segno di una diffusione di massa del partito ma anche di un’Italia da poco liberata dalla guerra che aveva una grande voglia di festeggiare e divertirsi, dopo tanto tempo.
Il successo di quella prima festa spinse i dirigenti del partito a ripetere, annualmente e sempre a settembre, l’evento, tanto che già l’anno successivo le presenze si attestarono su 500.000 persone.
Nel corso dei successivi 60 anni, le Feste dell’Unità hanno rappresentato una sorta di rituale di riconoscimento, con un proprio cerimoniale dove la sfera politica e la sfera militante si sono incontrate e hanno creato momenti di socializzazione.



Lo racconta molto bene in un libro intitolato “Falce e tortello” Anna Tonelli, che insegna storia contemporanea a Urbino, dove ricostruisce la storia di questa festa fin dalla sua prima edizione.
Ogni festa seguiva uno schema organizzativo ben rodato, una macchina a tutti gli effetti: ad esempio, ogni federazione designava uomini preposti a scegliere i luoghi di svolgimento, i temi, i contenuti di discussione.
D’altro canto, poi, c’erano i militanti, che si suddividevano – diciamo così – in due categorie: i volontari, coloro che quindi collaboravano all’allestimento degli stand e al loro funzionamento e dunque erano spinti da un senso di appartenenza che “crea il senso di comunità”; poi, invece, i visitatori che sapevano di trovare in quella tipologia di evento non solo la dimensione politica ma l’opportunità di divertirsi e di socializzare.
Le Feste dell’Unità diventavano così dualistiche, nel senso che da un lato c’era la dirigenza che organizzava e disponeva, dall’altro invece i militanti volontari che rendevano quell’organizzazione fattivamente possibile: senza l’uno non poteva esserci l’altro, senza entrambi non poteva esserci la Festa.
Un’altra caratteristica tipica delle Feste dell’Unità risiedeva in una iconografia e simbologia ben precisa: doveva essere riconoscibile, sia a livello ideologico che politico, senza però dimenticare la dimensione ludica e ricreativa. Per questo, nelle Feste c’erano momenti dedicati ai cortei, alle bandiere, agli slogan e striscioni, ma anche ai canti, ai giochi, al cibo.
Infine, un altro merito delle Feste dell’Unità, specialmente quelle provinciali – come quella svoltasi a Teramo – è l’aver dato vita a una sorta di luoghi della memoria rimasti negli anni impressi e ben riconoscibili, scegliendo piazze, parchi o luoghi di aggregazione altrimenti non utilizzati: uso direttamente le parole della professoressa Tonelli per meglio spiegarlo:
un’occupazione festosa del territorio che può dare il senso di una leadership politica, ma anche di una partecipazione di massa che si basa su emozioni collettive




Arrivo a Teramo, quindi, dove ho appuntamento con una persona che, quel giorno di ottobre del ’72, era a quella Festa dell’Unità, sul palco insieme a Berlinguer: Luigi Ponziani.
Ponziani a Teramo è conosciutissimo: 72 anni, per molti anni direttore della Biblioteca provinciale “Melchiorre Delfico” della città e da sempre studioso di storia contemporanea, con lavori importanti sul fascismo provinciale e su figure chiave dell’Ottocento.
Ci incontriamo a casa sua, nel suo studio, e iniziamo a parlare della sua militanza nel Partito, fin dal principio: mi racconta di essersi iscritto “con i pantaloncini corti”, cioè ancora liceale, alla FGCI la Federazione giovanile comunista italiana.
E a proposito dell’iscrizione alla federazione, Ponziani mi racconta un aneddoto o, per meglio dire, una curiosità, sulle modalità di tesseramento delle quali, in realtà, non sapevo nulla.
Luigi inizia la sua militanza nel Sessantotto, nell’anno delle contestazioni giovanili, dei movimenti per i diritti e delle nuove urgenze sociali e civili, spinto sicuramente dagli eventi nati dalla cosiddetta “primavera di Praga” e dal sacrificio in segno di protesta di Jan Palach: in Italia soprattutto, quegli eventi e la loro eco imponevano alle coscienze dei tanti giovani la “manifestazione dell’esserci”.
Mi sono iscritto al partito con i pantaloncini corti, potremmo dire
Il 1968 è stato un anno di cambiamenti e di passaggi, ai quali nemmeno una città provinciale come Teramo sfugge.
Luigi mi racconta che i giovani si spogliavano – in senso quasi letterale – del passato, togliendosi i completi giacca e cravatta dei loro padri e vestendosi con pantaloni a zampa ed eskimo, minigonne, sfoggiando i capelli lunghi, e interessandosi ai grandi dibattiti del tempo: la guerra in Vietnam, il problema degli armamenti, la scuola. Ed è proprio l’istituzione scolastica la grande protagonista di quegli anni, anche in una cittadina un po’ “nascosta” come Teramo: si sviluppano numerosi movimenti giovanili, che con i loro cortei e occupazioni ravvivano il contesto socioculturale cittadino.
Chiedo a Ponziani come prosegue, poi, il suo attivismo all’interno del partito dopo l’iscrizione alla FGCI: nel giro di due anni viene eletto Segretario provinciale della Federazione Giovanile che, pur essendo un organismo autonomo, rispondeva comunque al Partito Comunista e alle sue istanze. Luigi ha una teoria circa la sua elezione, avvenuta poco più che ragazzo.
Ponziani alla fine decide di non proseguire con la carriera politica. Tuttavia, è sempre rimasto un punto di riferimento per il Comitato e per la Federazione, partecipando alla vita e alle decisioni del Partito attraverso le riunioni d’apparato.


Ma torniamo all’evento che portò Berlinguer a Teramo, e cioè la chiusura della Festa provinciale dell’Unità.
Luigi mi spiega che, dopo i moti dell’Aquila di appena un anno prima, c’era una preoccupazione generale da parte dei dirigenti locali; tuttavia, nel 1972 si svolgono le elezioni amministrative che vedono, a sorpresa, la città di Teramo come il capoluogo di provincia dove il PCI prende più voti.
Così, la scelta della città come luogo conclusivo per la Festa dell’Unità diventa naturale.
A questo punto devo intrecciare i ricordi di entrambi i miei testimoni, sia i preziosi contributi che mi sta donando Ponziani, sia il mio “fil rouge”, ossia Francesco Di Vincenzo e il suo “I comizi e il miele”.
Di Vincenzo racconta che Berlinguer arriva a Teramo il 14 ottobre, accompagnato da Antonio Tatò e dove ha modo di incontrare vari dirigenti comunisti della provincia: Di Giovanni, Pierantozzi, Di Paolantonio e Bruno Petrarca, da poco eletto segretario provinciale.
Petrarca quel giorno è emozionato, come riporta Di Francesco, a volte è imbarazzato dalla presenza di Berlinguer e non sa cosa dire. A sciogliere l’empasse ci pensa, così, Luigi Tom Di Paolantonio, il “comunista venuto dall’America”, nato a Filadelfia da genitori teramani. Sindacalista, Di Paolantonio è ricordato oggi soprattutto per l’impegno e la vicinanza agli operai e contadini della Val Vomano e alle loro lotte per il lavoro.
Tom Di Paolantonio, quella sera a cena, propone a Berlinguer un incontro con il sindaco di Teramo, democristiano, che viene così fissato per il giorno dopo.
Il democristiano in questione era Fernando di Paola, che ricorda così quel giorno:
“Berlinguer mi fece un sacco di domande su Teramo, la sua storia, i suoi problemi. Su un punto fu, come dire, un po’ predicatorio: sulla necessità che sulle cose concrete forze d’ispirazione diversa riuscissero a convergere. Ma si sa, quello era il punto centrale di tutta la sua ispirazione politica”.
Il pomeriggio del 15 ottobre, i comunisti teramani e di tutta la provincia si recano in città per il corteo che da Piazza Dante porterà verso lo slargo antistante la chiesa della Madonna delle Grazie, dove era stato allestito il palco per la Festa dell’Unità.
Il ricordo di Ponziani, su quella giornata, termina qui. Ma Luigi mi lascia con una riflessione, che aveva maturato allora e che si rivelerà, a conti fatti, veritiera:
“era il predestinato che avrebbe unito il partito con le diverse ali al suo interno”
Foto prese da Archivi PCI https://www.archivipci.it/
Foto prese da pagina Facebook "Archivio Campli fotografie"