1982
Sulmona, Raiano

Nella zona industriale appena fuori Sulmona, tra gli anni ’70 e ’80, era operativo un importante nucleo di produzione di materiali elettronici. Il nome dell’azienda era “ACE” e rappresentava un presidio territoriale del colosso tedesco Siemens.
I rapporti tra i vertici e i lavoratori, però, da tempo rivelavano una situazione carica di tensioni, che nel ’77 aveva portato all’occupazione dello stabilimento e l’apertura di una vertenza, come riporta Tribuna Sindacale unitaria.

A spiegarmi i movimenti di quegli anni sono Gianni Melilla e Mimì D’Aurora:
Le tensioni si inaspriscono nel 1982, quando la dirigenza annuncia tra i propositi quello di smantellare il centro operativo. Nel mese di febbraio vengono inviate tantissime lettere di licenziamento, la maggior parte delle quali indirizzate alle lavoratrici. Parte la protesta, come racconta anche I comizi e il miele:
Si rispose con una lotta molto dura e molto unitaria. Organizzammo un treno speciale per andare a manifestare a Milano, sotto la sede italiana della Siemens. Vennero tutti, ma proprio tutti, mancavano solo i malati. Facemmo decine di manifestazioni a Sulmona e all'Aquila; andammo a Roma in massa all'ambasciata tedesca e al ministero dell'industria; facemmo una infinità di assemblee aperte ai partiti, ma senza approdare a nulla. Intanto, si avvicinavano le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Sulmona. Qualcuno, anche dentro il consiglio di fabbrica, suggeriva atteggiamenti strumentali e qualunquistici nei confronti dei partiti, del tipo: o risolvete la nostra situazione o noi non votiamo. Si rischiava di svuotare la lotta contro il padrone e di scaricare tutto sul potere politico. Alla fine decidemmo di alzare il tiro e di invitare tutti i segretari nazionali dei partiti. Ma solo il Pci rispose con la venuta di Berlinguer.
Compare nella bacheca aziendale un annuncio: alla riunione del Consiglio di fabbrica del 10 maggio parteciperà proprio Enrico Berlinguer, in rappresentanza dell’unica forza politica che aveva risposto all’appello. Lo stupore generale è ampio: l’Ace non era una fabbrica molto sindacalizzata (stando anche a quello che mi raccontano le persone che intervisto) e si rischiava un’accoglienza poco calorosa.
Acclamato invece dagli applausi e dall’entusiasmo della gente, il segretario si esprime così sulle preoccupazioni degli organizzatori:
Avrei compreso la sua sorpresa se si fosse trattato, che so, del segretario della Democrazia Cristiana o del Partito Liberale. Non comprendo questa sorpresa trattandosi del segretario del Partito Comunista il quale, spesso, tutte le volte che gli è possibile, si reca a prendere un contatto diretto con i lavoratori e con le lavoratrici

L’incontro si tiene nella sala mensa, c’è una partecipazione così ampia che le persone ascoltano anche da fuori, facendo sporgere solo la testa all’interno. Apre l’incontro Maria Caiazzo, all’epoca parte del consiglio di fabbrica, che si emoziona mentre mi racconta quella giornata:
La stessa attenzione per quell’evento la ritrovo nelle parole di Gianni e Mimì, soprattutto riguardo quella domanda specifica, che racconta tutta la centralità che l’azione del Pci riservava per gli operai e i loro diritti:

Onorevole Berlinguer, tra poco meno di un mese si voterà a Sulmona. Se lei dovesse scegliere tra un aumento dei voti al suo partito e la conservazione dei nostri posti di lavoro, che cosa sceglierebbe?
Mi dispiace di essere venuto qui tra voi proprio nel corso di una campagna elettorale. Credo perciò di capire il senso e, se mi si consente, la malizia della domanda che mi è stata rivolta poco fa. La mia risposta è questa: noi comunisti siamo sempre a fianco della clase operaia, ne condividiamo e ne appoggiamo le lotte, sarebbe perciò un controsenso se non gioissimo per una vertenza vittoriosa, in questo caso il mantenimento dei vostri posti di lavoro. Anche se ciò dovesse costarci la perdita di consensi elettorali, certo. Voglio però dire che mi sembra evidente che un Pci più forte elettoralmente, anche nella vostra zona, sarebbe di grande aiuto per il successo della vostra lotta.
Come mi dice Mimì, il significato di quell’intervento di Berlinguer è difficile da comprendere per noi, così immersi in un sistema di comunicazione interconnesso che permette a tutti di avere una voce e di farla sentire. Negli anni ’80 era difficile far emergere un problema, attirare l’attenzione della stampa e della politica nazionale, soprattutto in una zona poco centrale come poteva essere l’Abruzzo. Rispettando gli impegni di quel giorno, poco più di una settimana dopo è proprio il Pci a presentare una risoluzione alla Commissione Industria della Camera, approvata poi all’unanimità, ed è sempre il Segretario a provare a spingere a Strasburgo per muovere iniziative europee nei confronti della Siemens. L’impegno di Berlinguer non sfugge agli operai della fabbrica e alla comunità: al di là dell’efficienza dell’intervento, l’importanza di questo episodio sta proprio nella capacità di catalizzare l’attenzione. Continua Mimì:


Gli appuntamenti della giornata, però sono tutt’altro che finiti. Alle ore 11 Berlinguer è infatti atteso a Raiano, un comune non distante da Sulmona di circa 2.300 abitanti, dove un’amministrazione comunale di sinistra guidata dal Pci era stata capace di mettere in piedi così tante iniziative virtuose da essersi guadagnato l’attenzione della stampa che aveva iniziato a elogiarle come modelli replicabili. Me lo racconta Bruno Di Bartolo, ex sindaco di Raiano, eletto primo cittadino giovanissimo all’età di 25 anni:
Per quello che fino a poco tempo prima era un piccolo centro votato all’agricoltura, lo sviluppo innescato da queste attività è stato rivoluzionario. Il successo poi, aveva innalzato la popolarità del Pci, facendolo risultare sempre come favorito alle elezioni comunali. Se ne accorge anche L’Unità, che dice:
A Raiano non si vota il 6 giugno, ma il suo esempio vale più di mille manifesti per quei centri abruzzesi che
voteranno fra un mese.
È in quest’ottica di promozione elettorale indiretta che viene organizzata anche la visita del segretario: dopo essere stato accolto da una folla esultante, viene invitato a partecipare al consiglio comunale dove ascolta con attenzione i relatori che si alternano raccontando la storia del territorio e i modelli applicati.
Prima di lasciargli la parola per un intervento, Di Bartolo gioca il suo asso migliore, come leggo da I comizi e il miele:
Nella parte conclusiva del discorso, l'amministratore fa posto al dirigente di partito, per un annuncio che fa bruscamente impennare la glicemia di Berlinguer: le parole che Di Bartolo versa nei suoi orecchi sono dolci più del miele di Tornareccio. «Ho il piacere di annunciarti - dice Di Bartolo - che la nostra sezione, alla data di oggi, ha superato il 150 per cento degli iscritti».
«Ascoltando il vice sindaco e il sindaco mi sono venute in mente alcune riflessioni - dice Berlinguer —. La prima è sull'importanza decisiva che hanno per la soluzione di tanti problemi i Comuni. I grandissimi problemi non possono essere risolti senza l'intervento del Parlamento e del Governo, ma il ruolo dei Comuni, come diceva il compagno Schiavitti, è fondamentale, soprattutto, è ovvio, per la soluzione dei tantissimi e non meno gravi problemi locali. Se poi i Comuni riescono, come fate qui a Raiano, a sviluppare la partecipazione dei cittadini nella gestione della cosa pubblica, questo comporta uno sviluppo della vita democratica molto importante anche per la soluzione dei problemi grandissimi. Questo, purtroppo, non è compreso abbastanza nel Paese, e i Comuni sono troppo spesso penalizzati nella legge finanziaria dello stato, anche se noi comunisti siamo riusciti a respingere un nuovo taglio che il governo voleva fare ai fondi destinati agli enti locali. Le spese superflue sono ben altre! La seconda riflessione riguarda la validità della collaborazione tra Pci e Psi, dimostrata proprio dal vostro caso. Se questa collaborazione si estendesse fino ad una comune partecipazione al governo, sono certo che sarebbe molto più agevole risolvere i grandi problemi che ricordava il compagno Schiavitti…».

Dopo aver ricevuto in dono dei fiori e una cassetta con vini prodotti dalla cooperativa ed essersi assicurato scherzosamente una percentuale qualora le foto della consegna avessero trovato dei risvolti commerciali, Berlinguer viene portato in hotel a Sulmona per riposarsi in vista del comizio del pomeriggio in piazza XX Settembre. Prima però c’è spazio per un piccolo inconveniente culinario che manda su tutte le furie Tatò:
Si fa portare in camera del riso in bianco e un po' di frutta, ma nemmeno la scelta di questi cibi di nessuna o semplicissima elaborazione lo salva dall'ennesima delusione del suo trentennale rapporto con le cucine abruzzesi. Poco dopo, infatti, scende nella hall un irritatissimo Tatò che sbotta con il primo compagno che incontra: «Ma come si fa a servire un riso simile? E una colla! ». Il compagno suggerisce una vibrata protesta e la richiesta di un'immediata sostituzione del piatto. Tatò scuote la testa: figurarsi Berlinguer che protesta per il cibo, lui s'è già infilato a letto dopo aver ingollato senza lamentela alcuna due cucchiaiate della deplorevole minestra.




Ed è con queste premesse che mi sembrano buffe da leggere, soprattutto considerando i precedenti con la
cucina abruzzese, proprio a Sulmona qualche anno prima, che Berlinguer si avvia verso il comizio. Il motivo
dell’intervento è il sostegno al Pci locale per le amministrative, anticipate per via del crollo della giunta Dc-
Msi. La piazza è stracolma: l’entusiasmo della mattina ha contribuito a far raccogliere ancora più persone
che ora vogliono ascoltare le parole del segretario su temi importantissimi di politica nazionale ma anche
estera. Nonostante l’intoppo di una amplificazione non ottimale, alla fine la piazza è entusiasta:
Berlinguer, festeggiatissimo come sempre al termine del comizio, dimostra anche in quella occasione di non possedere alcuno dei veleni tipici dei "capi". «Fu splendido, non saprei come altrimenti definirlo - racconta Lolli -, si comportò davvero da gran signore. Io salii in macchina con lui e cominciai a lamentarmi e scusarmi per l'accaduto, ma lui mi interruppe dicendo: "Ma no, non è andata male. Comunque è colpa mia, quando parlavi tu la gente sentiva e seguiva. La mia voce era troppo debole, in fondo alla piazza non arrivava"».
Sottolineo questo passaggio da I comizi e il miele, perché mi sembra che sia uno dei più significativi, con il senno di poi. Alla fine di una giornata fitta di impegni, il compagno Enrico, oltre il personaggio di Berlinguer, si scusa per una cosa che non dipendeva da lui. È una scena densa, che fa pensare: il suo ultimo saluto in terra d’Abruzzo.


